Quando il medico può lecitamente registrare di nascosto una conversazione

Quando il medico può lecitamente registrare di nascosto una conversazione

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Una Commissione Medica di Disciplina di un Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri infliggeva a un’iscritta, in servizio presso un’Azienda sanitaria provinciale, la sanzione della censura ex art. 40 punto 2) D.P.R. 221/1950 per violazione dell’art. 58 del Codice deontologico dei Medici (nel testo del 1995 aggiornato al 15 dicembre 2006, applicabile ratione temporis), per avere posto in essere un comportamento scorretto, in violazione del dovere di rispetto reciproco e fiducia nei confronti di un collega.

La dott.ssa incolpata aveva registrato senza autorizzazione una conversazione privata intercorsa con quest’ultimo in ambiente e orario di lavoro allo scopo di utilizzarne il contenuto come prova contro il direttore della unità ospedaliera di appartenenza, da lei denunciato per abuso di ufficio e omissione di atti d’ufficio commessi in suo danno.

Il collega aveva segnalato all’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri la condotta della collega che, a suo dire, violando il suo diritto alla riservatezza, aveva irreparabilmente compromesso il loro rapporto fiduciario (la registrazione era stata depositata in Procura in un giudizio penale a carico del direttore).

L’incolpata impugnava la decisione della Commissione provinciale innanzi alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, che respingeva, tuttavia, il ricorso.

Avverso quest’ultima decisione l’incolpata proponeva ricorso per cassazione, prospettando (tra l’altro) la violazione degli artt. 24 Cost., 51 cod. pen. e 24 D.Lgs. 196/2003 (cd. Codice Privacy) per non avere la Corte considerato che la registrazione di un colloquio fra colleghi, a cui partecipa chi registra, finalizzata ad acquisire prove da utilizzare in sede giudiziaria, non è lesiva del diritto alla riservatezza, seppure realizzata senza il consenso dell’interessato, perché necessaria ai fini dello svolgimento delle indagini difensive o comunque per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria.

La Corte di Cassazione ha rilevato che la Commissione centrale aveva affermato di dover “incentrare l’esame della vicenda non sui motivi di carattere soggettivo che hanno spinto la ricorrente ad attuare una condotta palesemente scorretta”, ma di dover “rilevare che il comportamento posto in essere dalla ricorrente non solo viola il diritto alla riservatezza, ma anche il precetto di cui all’art. 58 del Codice deontologico.

Nella specie, l’art. 58 del codice deontologico, nella versione approvata il 15 dicembre 2006, prevedeva che “il rapporto tra medici deve ispirarsi ai principi di corretta solidarietà, di reciproco rispetto e di considerazione della attività professionale di ognuno“; dunque, la Commissione aveva considerato scorretta deontologicamente la registrazione in assenza di previo consenso perché attuata in violazione del diritto alla riservatezza e non scriminata dalla addotta necessità, da parte dell’incolpata, di procurarsi una prova rilevante in un giudizio penale.

La Corte ha osservato, tuttavia, che nell’art. 24 la violazione del diritto alla riservatezza risulta specificamente scriminato dal contrapposto esercizio del diritto di difesa (e lo risulta tutt’oggi, in riferimento al decreto legislativo 10/08/2018 n. 101 recante l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati).

L’articolo, peraltro, a parere della Suprema Corte, costituisce applicazione specifica del principio generale sancito nell’art. 51 cod. pen., secondo cui l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità.

Dunque, la Commissione centrale, nell’esaminare le ragioni scriminanti addotte dalla incolpata, non si era conformata a un principio di diritto consacrato nella norma dell’art. 24 del Codice della privacy (in applicazione – ancor prima – del principio generale di cui all’art. 51 cod. pen.), secondo cui non è illecita la condotta di registrazione d’una conversazione tra presenti in mancanza dell’altrui consenso, ove rispondente alle necessità conseguenti al legittimo esercizio del diritto di difesa in giudizio.

E la scriminante opera a prescindere dalla esatta coincidenza soggettiva tra i conversanti e le parti processuali, purché l’utilizzazione di tale registrazione avvenga solo in funzione del perseguimento di tale finalità e per il periodo di tempo strettamente necessario.

Inoltre, la Corte ha ricordato di avere già esplicitamente affermato che:

il diritto di difesa non è limitato alla pura e semplice sede processuale, estendendosi a tutte quelle attività dirette ad acquisire prove in essa utilizzabili, ancor prima che la controversia sia stata formalmente instaurata mediante citazione o ricorso; non a caso, nel codice di procedura penale, il diritto di difesa costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost. sussiste anche in capo a chi non abbia ancora assunto la qualità di parte in un procedimento” (Cass. 29 dicembre 2014, n. 27424).

Pertanto, Corte di Cassazione, con Ordinanza del 5 marzo 2025 n. 5844, ha cassato la decisione e rinviato il procedimento alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie per il riesame della impugnazione in conformità con i principi suesposti.

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LUCIO DI BIASE

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Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Lanciano, negli ultimi venti l’Avv. Lucio Di Biase anni ha aiutato privati, professionisti, imprese, cooperative ed enti pubblici a risolvere i loro problemi legali prestando attività di consulenza e assistenza nelle principali aree del diritto civile e nel relativo contenzioso su tutto il territorio nazionale.
Dal 17/02/2014 all’11/03/2021 è stato consulente e legale esterno dell’ Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER) di Lanciano (CH) per il recupero dei crediti nei confronti degli assegnatari di alloggi di ERP a titolo di canoni di locazione degli immobili strumentali di proprietà dell’Ente e per il rilascio forzoso dei medesimi.

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