Appalto e responsabilità del committente per danni a terzi

Appalto e responsabilità del committente per danni a terzi

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Lamentando episodi di copiose infiltrazioni nel proprio appartamento in condominio, i proprietari di quest’ultimo agivano in giudizio contro il proprietario di un appartamento sovrastante per i danni subiti a causa dei suddetti fenomeni infiltrativi.

Nel corso del giudizio, le prove testimoniali confermavano che l’immobile attoreo era stato interessato da fenomeni di percolamento dell’acqua che avevano attinto pareti e soffitto di soggiorno e cucina, che per questo si mostravano malconci.

Veniva, altresì, accertato che l’acqua, dall’appartamento del convenuto, scendeva in quello di un altro condomino e poi sotto in quello degli attori.

Veniva anche espletata una CTU, la quale confermava che la causa dei fenomeni infiltrativi era da ascriversi al percolamento delle acque dal soprastante appartamento, a sua volta oggetto di infiltrazioni provenienti dalla copertura, quali conseguenza del complesso di opere di ristrutturazione dell’appartamento del convenuto, che prevedevano la demolizione di una veranda, la posa di una pergotenda sulla terrazza così creata e le finiture di quest’ultima.

Le infiltrazioni, dunque, erano ascrivibili alle opere messe in atto durante l’intervento edilizio sopra detto, sia a causa della mancata impermeabilizzazione integrale delle superfici orizzontali di terrazzo ed ex-veranda, sia a causa del montaggio dei piantoni della pergotenda che aveva danneggiato la sottostante impermeabilizzazione (ove presente).

A fronte del quadro probatorio complessivamente considerato, il Tribunale adito ha riconosciuto la responsabilità del convenuto ex art. 2051 c.c. per i danni all’immobile attoreo, in base al principio secondo il quale “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, essendo il convenuto, in quanto proprietario dell’immobile da cui sono scaturite le infiltrazioni, custode dello stesso e responsabile dei danni cagionati a terzi.

Tale dovere di custodia e vigilanza gravante sul committente non viene meno, a seguito della consegna del bene all’appaltatore, sicché il committente resta responsabile, alla stregua dell’art. 2051 cod. civ., dei danni cagionati ai terzi dall’esecuzione dell’opera, laddove non provi di aver affidato totalmente all’appaltatore la custodia del bene oggetto di ristrutturazione, o il caso fortuito. In particolare

Nel caso di appalto che non implichi il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sull’immobile nel quale deve essere eseguita l’opera appaltata – non viene meno per il committente e detentore del bene, il dovere di custodia e di vigilanza e, con esso, la conseguente responsabilità ex art. 2051 c.c., la quale, essendo di natura oggettiva, sorge in ragione della sola sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha determinato l’evento lesivo“. (Cass. Civ. n. 15734/2011).

Sul punto il Tribunale ha richiamato anche altra pronuncia della Suprema Corte (Cass. 12909/2022), la quale ha avuto modo di precisare come, secondo l’orientamento venutosi consolidando nella giurisprudenza di legittimità (v. ex aliis Cass. 17/03/2021, 7553; 11/06/2021 n. 16609; 04/11/2021, n. ###; 18/12/2021, n. 41709), la conclusione dell’appalto tra due parti non può giungere a incidere surrettiziamente sulla sfera giuridica del terzo, nel senso di deprivarlo del proprio diritto risarcitorio nei confronti del committente/custode; e d’altronde, nell’appalto d’opere – siano esse pubbliche o private – il committente non può non conservare un rapporto con il bene sul quale (o nel quale) vengono eseguite le opere, poiché l’iniziativa consistente nel disporre l’esecuzione di talune opere sul proprio bene non rappresenta null’altro che l’esercizio di un potere giuridico o di fatto su di esso; se, dunque, rispetto all’appaltatore, il titolare di tale potere è un committente, rispetto ai terzi è un custode: l’autonomia dell’appaltatore rimane un fatto di natura tecnica esclusivamente endocontrattuale e, in relazione agli illeciti extracontrattuali, si riverbera sull’articolo 2055 c.c., a prescindere dai casi in cui l’appalto sia ab origine concepito alla stregua di un mero schermo, o che comunque, nella fase esecutiva, si sia radicalmente svuotato, ossia a prescindere dai casi in cui il soggetto che realizza l’opera sia un mero nudus minister.

Da qui l’affermazione del principio di diritto ai sensi del quale, nei confronti dei terzi danneggiati dall’esecuzione di opere effettuate in forza di un contratto di appalto, il committente è sempre gravato della responsabilità oggettiva di cui all’articolo 2051 c.c., la quale non può venir meno per la consegna dell’immobile all’appaltatore ai fini dell’esecuzione delle opere stesse, bensì trova un limite esclusivamente nel ricorso del caso fortuito.

Il caso fortuito, poi, non può essere applicato con una modalità peculiare e riduttiva, così da reintrodurre, per altra via, un’abusiva contrattualizzazione della fattispecie: esso non può automaticamente coincidere con l’inadempimento dell’appaltatore agli obblighi contrattualmente assunti nei confronti del committente, non potendosi sminuire il concetto di imprevedibilità/inevitabilità, che costituisce la sostanza del caso fortuito previsto dall’articolo 2051 c.c. come limite della responsabilità oggettiva ivi configurata; l’imprevedibilità/inevitabilità, pertanto, non dev’essere degradata a una vuota fictio, bensì afferire a una condotta dell’appaltatore non percepibile in toto dal committente; ciò posto, una volta che il giudice di merito abbia escluso che il fatto dell’appaltatore abbia assunto quei caratteri di eccezionalità/imprevedibilità e autonoma incidenza causale rispetto all’evento dannoso, tali da integrare il caso fortuito, la contestazione del committente che non discuta i principi di diritto sopra richiamati, deve ritenersi confinata a una mera rilettura nel merito dei fatti di causa.

Nel caso di specie, il convenuto non aveva fornito la prova di avere affidato totalmente all’appaltatore la custodia dell’immobile, oppure che la condotta dell’appaltatore era stata connotata da caratteristiche di imprevedibilità e/o inevitabilità da lui non percepibili in toto (e, quindi, tali da integrare il caso fortuito). Anzi, aveva personalmente adottato immediati provvedimenti di reimpermeabilizzazione delle aree di cantiere soggette a pioggia in due riprese.

Né ha offerto prova alcuna di una corresponsabilità (pure asserita) dell’unità abitativa dell’appartamento sottostante al proprio nella causazione dei danni.

Conseguentemente, il Tribunale di Genova, sez. III, con sentenza 26 novembre 2024, n. 3068, ha condannato il convenuto a rimborsare agli attori i costi delle opere edili necessarie al ripristino dell’immobile e del serramento danneggiato, a rimborsargli i costi per la sostituzione dei mobili danneggiati di cucina e soggiorno, nonché al risarcimento dei danni per il mancato utilizzo dell’immobile (30 mesi), nonché al pagamento delle spese di CTU, delle spese del consulente di parte e delle spese di lite.

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LUCIO DI BIASE

AVVOCATO

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Negli ultimi venti anni ha aiutato privati, professionisti, imprese, cooperative ed enti pubblici a risolvere i loro problemi legali prestando attività di consulenza e assistenza nelle principali aree del diritto civile e nel relativo contenzioso su tutto il territorio nazionale.
Dal 17/02/2014 all’11/03/2021 è stato consulente e legale esterno dell’ Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER) di Lanciano (CH) per il recupero dei crediti nei confronti degli assegnatari di alloggi di ERP a titolo di canoni di locazione degli immobili strumentali di proprietà dell’Ente e per il rilascio forzoso dei medesimi.

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