Responsabilità della scuola per la rottura di un gradino

Responsabilità della scuola per la rottura di un gradino

Il caso

Mentre saliva la rampa di scale di un istituto scolastico, un ragazzino cadeva sul secondo gradino a causa della rottura del bordo della pedata, riportando la frattura degli incisivi centrali dell’arcata dentaria superiore, nonché una frattura lacero contusa al labbro superiore.

Agivano, quindi, in giudizio i genitori dell’alunno contro il Ministero della Salute per il risarcimento dei danni.

Responsabilità per danni da cose in custodia

La documentazione prodotta in giudizio (fotografie dello stato dei luoghi con il gradino della scala rotto, verbale di pronto soccorso con diagnosi di dimissione “riferita caduta accidentale con rottura estremità incisivi arcata superiore” e radiografie delle arcate dentarie lese) dimostrava che il sinistro si era verificato con le modalità descritte dai genitori dell’alunno.

In punto di responsabilità, il tribunale adito evidenziava che il danno subito dal minore non era ascrivibile alla condotta di altri minori frequentanti la scuola, per cui non era operante la previsione di cui all’art. 2048 cod. civ., ma quella di cui all’art. 2051 per i danni da cosa in custodia, in quanto l’infortunio era conseguenza della sola attività del minore stesso.

A riguardo, l’autorità giudiziaria adita ha ricordato che la responsabilità del custode si fonda non su un comportamento od un’attività , ma su una relazione intercorrente tra questi e la cosa dannosa e, poiché il limite della responsabilità risiede nell’intervento di un fattore, “il caso fortuito”, che attiene non ad un comportamento del responsabile , ma alle modalità di causazione del danno, chi chiede il risarcimento deve provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode, per liberarsi, dovrà provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno che presenti i caratteri del fortuito e, quindi,

dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità.

Nel caso di specie, i genitori del ragazzino avevano dimostrato, anche attraverso l’audizione di testimoni che avevano assistito alla caduta e avevano riferito che il bambino cadeva dopo aver salito i primi gradini, che il gradino incriminato era rotto lungo il bordo esterno per un paio di centimetri e che non era segnalato.

Peraltro, nel corso del giudizio veniva espletata anche una consulenza tecnica d’ufficio, che confermava la compatibilità tra l’evento

dedotto e i postumi residuati in capo al minore.

Al contrario, il Ministero non aveva fornito la prova del caso fortuito; in particolare, alcuna prova liberatoria era stata data dagli insegnanti che frequentavano il plesso scolastico, né dalla struttura scolastica onde liberarsi dalla responsabilità attribuitale, visto che nessuna transenna circoscriveva il gradino rotto e che, nonostante la presenza di un corrimano e delle strisce antiscivolo, l’assenza di visibilità dell’ostacolo aveva determinato la caduta del minore, proprio per la mancata segnalazione della stessa.

La decisione

In definitiva, ritenuto sussistente l’evento sinistroso e mancando allegazioni in ordine all’esistenza di un caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale, Il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 4476/2024 del 29/04/2024, ha condannato il Ministero al risarcimento dei danni sofferti dal minore, per complessivi € 8.237,00, oltre interessi e rivalutazione, spese di CTU e spese di lite.

LUCIO DI BIASE

AVVOCATO

Mobile: (+39) 335 325 917

E-mail: info@studiolegaledibiase.it

Negli ultimi venti anni ha aiutato privati, professionisti, imprese, cooperative ed enti pubblici a risolvere i loro problemi legali prestando attività di consulenza e assistenza nelle principali aree del diritto civile e nel relativo contenzioso su tutto il territorio nazionale.
Dal 17/02/2014 all’11/03/2021 è stato consulente e legale esterno dell’ Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER) di Lanciano (CH) per il recupero dei crediti nei confronti degli assegnatari di alloggi di ERP a titolo di canoni di locazione degli immobili strumentali di proprietà dell’Ente e per il rilascio forzoso dei medesimi.

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