L’amministrazione deve risarcire il centauro caduto sul brecciolino

L’amministrazione deve risarcire il centauro caduto sul brecciolino

Il caso

Un centauro conveniva in giudizio la pubblica amministrazione per sentirla condannare al risarcimento di tutti i danni subiti a causa di un incidente stradale occorsogli sulla strada statale, allorché, nel completare a bordo del suo motociclo ad andatura moderata un tornante volgente a sinistra e in lievissima discesa, rovinava a terra in ragione dello strato di brecciolino presente sulla corsia di marcia per circa 20 metri, che, determinando la perdita di aderenza degli pneumatici con l’asfalto, faceva sbandare il veicolo.

La responsabilità del custode

Originariamente, in relazione ai beni demaniali di grandi dimensioni e a uso diffuso, si dubitava che la pubblica amministrazione potesse essere ritenuta responsabile per il solo fatto di essere proprietaria della strada (rapporto di custodia).
Successivamente, però, si è iniziato a considerare che le ampie dimensioni dei beni demaniali non potessero escludere di per sé tale responsabilità e, più recentemente, anche per i danni arrecati dalle cose che la pubblica amministrazione abbia in custodia, anche se di grandi dimensioni, ha trovato applicazione l’art. 2051 c.c., il quale dispone che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.”.
Inoltre, la Corte di Cassazione (sent. n. 4039/13) ha statuito che l’amministrazione è responsabile dei danni subiti dai cittadini in caso di omessa manutenzione e di violazione dell’obbligo di adottare misure per evitare danni a terzi, incombendo prima di tutto sulla medesima l’obbligo di curare uno sbarramento completo della strada che vi impedisca realmente l’ingresso.
Ebbene, nel caso di specie, le modalità di accadimento del sinistro descritte dal danneggiato e, in particolare, la presenza di brecciolino, che ricopriva la corsia di marcia dello sfortunato conducente per 20 metri lungo la seconda metà del tornante e per una lunghezza di 60 centimetri a partire dal margine destro della stessa, veniva confermata in giudizio dal rapporto di incidente redatto dalla pattuglia dei Carabinieri all’esito del sopralluogo effettuato nell’immediatezza dell’occorso, nonché dalla deposizione di un teste oculare, il quale precisava che il colore del brecciolino era uguale a quello dell’asfalto e dal quale, pertanto, non era distinguibile.
Inoltre, la pattuglia dei Carabinieri intervenuta sui luoghi di causa aveva precisato che, lungo il senso di marcia del conducente, era collocato solamente il segnale di “curva pericolosa”, mentre quello relativo alla “strada sdrucciolevole” era collocato solo nell’opposta direzione di marcia rispetto a quella del danneggiato e, quindi, da quest’ultimo non visibile.
Infine, lo stato di dissesto in cui versava la corsia di marcia interessata dall’incidente era attestata di un ordinanza adottata dalla pubblica amministrazione che, proprio qualche giorno prima dell’occorso dannoso, nel prescrivere che il dirigente ordinava al personale sorvegliante e ai coordinatori di apporre la prescritta segnaletica regolamentare, aveva vietato, in ragione del diffuso degrado delle aree ivi indicate, il transito nella predetta via ai veicoli a due ruote.
Tuttavia, al tempo del sinistro stradale, non risultava che, all’imbocco della strada, fosse stata data evidenza del divieto: mentre, infatti, le autorità intervenute non aveva dato atto, nel proprio rapporto, della segnalazione del divieto di cui all’ordinanza in parola nei pressi dell’inizio della strada, il testimone riferiva che il giorno del sinistro altri veicoli avevano circolato in entrambi i sensi di marcia e che, comunque, non vi erano segnali che vietassero il transito ai veicoli a due ruote.

La decisione

Pertanto, il Tribunale di L’Aquila, con sentenza n. 232 dell’11/04/2024, ritenuta applicabile al caso di specie la responsabilità del custode della strada ex art. 2051 c.c., rilevato che il danneggiato aveva fornito la prova del rapporto di custodia con la strada statale e la sussistenza del nesso di causalità materiale con l’elevato degrado del manto stradale, rilevato che le caratteristiche della strada erano risultate cause “intrinseche” e “fonti di pericolo” per la collettività, per cui l’evento era prevedibile ed evitabile per la PA, con conseguente inesistenza del caso fortuito, ha accolto la domanda di risarcimento del motociclista e condannato l’amministrazione a corrispondergli la complessiva somma € 329.396,29 per i gravi danni patiti.

Avv. Lucio Di Biase

Avvocato del foro di Lanciano, laurea in Giurisprudenza conseguita presso l’Università degli Studi di Teramo con discussione della tesi in diritto processuale civile “Rinuncia agli atti della parte intervenuta nel giudizio”, esercita la professione forense nell’ambito del diritto civile.