Stop al mantenimento della figlia adulta, anche se lavora poco

Stop al mantenimento della figlia adulta, anche se lavora poco

Il caso

Un padre ha chiesto, a modifica delle condizioni di divorzio, l’eliminazione dell’obbligo di corrispondere alla figlia, divenuta nelle more del giudizio trentacinquenne, il mantenimento di € 520,00 (rivalutate in euro 628,68) mensili.
Non ricorrevano più, a parere del richiedente, le circostanze che giustificassero il permanere dell’obbligo verso la figlia, la quale, laureata in
storia dell’arte, aveva una propria attività principale come insegnante nella materia.

Mantenimento del figlio maggiorenne

La Corte di Cassazione, investita della decisione sulla domanda del padre che si era visto respingere la richiesta in primo e secondo grado, ha ricordato che “In tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l’onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carice del figlio stesso, vertendo esso sulla circostanza di avere egli curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale e tecnica e di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un impiego.

Pertanto, se il figlio è neomaggiorenne e prosegue nell’ordinario percorso di studi superiori, universitari e di specializzazione, egli ha ancora diritto al mantenimento; viceversa, per il “figlio adulto”, in ragione del principio dell’auto-responsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che giustifichino il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa.
Nel caso di specie la figlia (necessitante di assistenza psicologica perché affetta da sindrome delirante, con manie di persecuzione, sebbene non ricorresse il caso della menomazione psichica e del conseguente regime giuridico del figlio affetto da tali serie patologie), aveva dimostrato di aver guadagnato, negli anni 2018 e 2019, con delle collaborazioni saltuarie, solo 4.000,00 euro circa.
Ebbene, pur essendo il guadagno modesto, la ragazza aveva dimostrato di avere, comunque, iniziato a mettere a frutto le proprie capacità professionali, seppur saltuariamente esercitate, così cominciando a conseguire propri redditi da lavoro, anche se in attesa di una migliore e più sicura definizione del suo inserimento nel mondo produttivo.

La decisione

Alla luce di quanto rilevato, la Corte di Cassazione, dubitava seriamente sulla persistenza delle ragioni legittimanti il diritto della figlia alla conservazione dell’assegno mensile.

Conseguentemente, con ordinanza n. 8240/2024, ha disposto la rimessione della causa alla Corte d’Appello, per la revisione della decisione da quest’ultima adottata che non aveva, evidentemente, tenuto conto delle regole sostanziali relative al regime dell’assegno di mantenimento dei figli ultra-maggiorenni.

Avv. Lucio Di Biase

Avvocato del foro di Lanciano, laurea in Giurisprudenza conseguita presso l’Università degli Studi di Teramo con discussione della tesi in diritto processuale civile “Rinuncia agli atti della parte intervenuta nel giudizio”, esercita la professione forense nell’ambito del diritto civile.