Responsabilità per mancata diagnosi di patologia tumorale

Responsabilità per mancata diagnosi di patologia tumorale

Il caso

Nel settembre del 2008 un signore si recava presso lo studio medico di uno specialista in otorinolaringoiatra, lamentando un problema alla narice causato da una escrescenza simile ad una verruca, che lentamente sembrava addirittura perforargli il setto nasale.
Il sanitario, dopo la visita, ritenendo inutile ogni eventuale esame diagnostico, gli prescriveva una cura a base di creme e di unguenti.
Nonostante le cure prescritte si fossero rivelate inutili, nelle due successive visite a fine 2008 e agli inizi del 2009, il medico riconfermava diagnosi e prescrizioni.
Constatata l’inutilità delle cure e una progressiva sofferenza, il paziente si recava allora da un secondo specialista in otorinolaringoiatra, il quale riscontrava una “ampia perforazione nasale” e gli prescriveva medicinali antiallergici e cure sulfuree, escludendo eventuali esami diagnostici.
Poiché anche la nuova terapia non sortiva alcun miglioramento, il paziente si rivolgeva ad un terzo specialista, il quale, dopo due successive e ravvicinate visite, non riteneva né opportuna, né necessaria, alcuna indagine strumentale e gli prescriveva un trattamento con potenti farmaci antibiotici (fiale di Rocefin) e antistaminici (Bentelan, Gentalyn).
Ma anche queste ultime cure, come le precedenti, non davano alcun risultato.
Per cui, a fine 2009 il paziente si recava presso una struttura sanitaria, la quale, praticato un esame endoscopico che evidenziava una “neoformazione del bordo inferiore della narice destra” in stato molto avanzato, consigliava il ricovero presso il reparto di otorinolaringoiatria della medesima struttura per l’esecuzione di una T.A.C..
Mentre la T.A.C. confermava le alterazioni strutturali del setto nasale, una successiva biopsia evidenziava, purtroppo, la presenza di un tumore maligno in stato avanzato (T4).
Il paziente, pertanto, fu costretto a sottoporsi ad un’operazione chirurgica di “rinectomia totale allargata al palato duro” e a conseguenti terapie chemioterapiche, oltre alla necessità di una protesi del naso e del palato.
Citava, quindi, in giudizio avanti al Tribunale di Nola i tre medici specialisti per conseguire il risarcimento dei danni subiti a causa della mancata diagnosi della patologia tumorale.

Responsabilità del medico

Il Tribunale siciliano, sulla base degli accertamenti della consulenza tecnica d’ufficio (CTU) svolta in corso di causa, riteneva il primo specialista responsabile per mancata tempestiva diagnosi della patologia, a causa della quale il paziente aveva subito un intervento altamente demolitivo rispetto a quello che avrebbe subito a fronte di una diagnosi tempestiva.
Questo perché il medico ritenuto responsabile, che aveva visitato più volte ed in un arco di tempo relativamente più lungo (oltre quattro mesi), , considerata la persistenza della patologia, avrebbe dovuto prescrivere, oltre alla terapia farmacologica esami strumentali di secondo livello che avrebbe portato alla diagnosi tumorale e dare maggiore rilevanza alla storia clinica della lesione nasale così come evidenziata dal paziente.
La possibilità di visitare il paziente in quell’arco temporale doveva consentito di monitorare l’evoluzione della patologia tumorale e, quindi, la formulazione di una diagnosi precoce che avrebbe suggerito l’asportazione della neoformazione ancora di dimensioni relativamente ridotte, scongiurando quindi il successi intervento chirurgico , ampiamente demolitivo.
In definitiva, il lasso temporale nel quale il suddetto sanitario ebbe occasione di seguire l e l’inefficacia, apprezzabile nell’indicato lasso temporale, delle terapie da lui prescritte, avrebbero richiesto un opportuno approfondimento diagnostico mediante la prescrizione di esami strumentali, di II livello, quali una TC o una RM e/o un’eventuale biopsia escissionale che, secondo quanto rilevato dal consulente, avrebbero risolto in breve tempo e senza gravi sequele la patologia neoplastica.
Questo non avvenne evidentemente per imperizia nella formulazione della diagnosi di neoplasia e per grave negligenza nella mancata rilevanza data alla storia clinica della stessa.
Andavano invece completamente esenti da qualunque responsabilità gli altri due sanitari, sia perché, tecnicamente, in primis , non furono in grado né ebbero il tempo di poter diagnosticare con accuratezza la lesione tumorale, sia perché, qualora ne avessero avuto le capacità, non aggravarono la prognosi (nulla sarebbe cambiato, in pratica, se la diagnosi fosse stata posta in quel lasso temporale, perché il trattamento chirurgico sarebbe stato il medesimo cui il paziente è stato sottoposto successivamente) e sia, infine, perché le condizioni della malattia al momento in cui furono visitati non permise a nessuno dei specialisti di poter effettuare un esame obiettivo clinico accurato (era comunque necessaria la prescrizione farmaci ai fini di un esame più approfondito al controllo successivo).

La decisione

Per le ragioni su esposte, in accoglimento della domanda di risarcimento proposta, il Tribunale di Nola, con sentenza n. 1065/2024 del 03/04/2024, ha condannato il primo dei tre sanitari a risarcire allo sfortunato paziente i danni sofferti, quantificati in € 63.543,25, oltre interessi e spese di causa.

Avv. Lucio Di Biase

Avvocato del foro di Lanciano, laurea in Giurisprudenza conseguita presso l’Università degli Studi di Teramo con discussione della tesi in diritto processuale civile “Rinuncia agli atti della parte intervenuta nel giudizio”, esercita la professione forense nell’ambito del diritto civile.