Multa annullata se l’accertamento non rispetta la privacy

Multa annullata se l’accertamento non rispetta la privacy

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Il caso

Un cittadino proponeva opposizione avverso una ordinanza-ingiunzione di pagamento per una sanzione emessa dal Corpo di Polizia Municipale di un Comune salentino per violazione del regolamento di gestione rifiuti.

Gli accertatori gli contestavano, in particolare, lo smaltimento non regolare di rifiuti (abbandono di alcuni contenitori di plastica in area non autorizzata, conferimento di plastica nel cassonetto vetro/metalli e di altro sacco di rifiuti nel cassonetto dell’organico fuori dagli orari consentiti e senza titolo, in quanto non utente TARI del Comune).

La condotta era stata accertata “previa installazione di telecamere in alcune aree del territorio comunale” che avrebbero poi consentito di identificare il trasgressore tramite targa del veicolo condotto nell’occasione per trasportare i rifiuti.

La violazione della privacy

Il presunto trasgressore lamentava dinanzi all’autorità giudiziaria la violazione (tra l’altro) della propria riservatezza per via di un trattamento illecito di dati personali in occasione dell’accertamento, ritenendo che le informazioni acquisite tramite il sistema di videosorveglianza fossero state utilizzate senza un’adeguata base giuridica e senza il suo consenso.

L’interessato, quindi, chiedeva l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione.

La decisione

Il giudice ha ricordato che la legge consente l’utilizzo da parte dei Comuni dei sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico per la tutela della sicurezza urbana e che il Garante (provvedimento generale del 2010, punto 5.2), relativamente all’accertamento delle violazioni in materia di deposito dei rifiuti e discariche, ha stabilito che l’utilizzo di sistemi di videosorveglianza risulta lecito, a determinate condizioni, sia per le attività di controllo volte ad accertare l’utilizzo abusivo di aree impiegate come discariche di materiali e di sostanze pericolose e sia nei casi in cui si intenda monitorare il rispetto delle disposizioni concernenti modalità, tipologia ed orario di deposito dei rifiuti, la cui violazione è sanzionata amministrativamente (art. 13, l. 24 novembre 1981, n. 689).

Dunque, le riprese filmate e l’estrapolazione dei fotogrammi per l’accertamento degli illeciti ambientali possono riguardare sia la commissione dei reati contemplati nel Testo Unico Ambientale e sia le violazioni amministrative alle disposizioni emanate dal Comune (corretto conferimento dei rifiuti).

Tuttavia, mentre nei casi in cui le riprese filmate avvengono nel corso delle indagini di Polizia Giudiziaria gli obblighi d’informativa potrebbero essere omessi, in base alla deroga prevista al punto 3.1.1 del provvedimento del Garante, negli altri casi, l’attivazione di qualsiasi sistema di videosorveglianza per il controllo del territorio comporta l’osservanza degli obblighi di informativa previsti dal Codice della Privacy (art. 13 del D.Lvo N° 196/2003) e del GDPR (artt. 13 e 14 del Reg. U.E. 2016/679) mediante l’apposizione del cartello che deve essere collocato prima del raggio di azione della telecamera (anche nelle sue immediate vicinanze e non necessariamente a contatto con gli impianti).

Poiché nella fattispecie veniva contestata una violazione amministrativa e non un illecito penale, era fuori discussione l’obbligo di informativa tramite cartelli. Informativa, tuttavia, completamente assente secondo quanto accertato dal giudice, che concludeva: “… non vi è evidenza né prova dell’effettiva esistenza di cartelli, quantomeno in prossimità dei luoghi in cui è stata installata la video trappola.”.

L’Amministrazione comunale, infatti, non aveva addotto alcuna prova (pur essendovi tenuta) circa l’esistenza di una adeguata cartellonistica di segnalazione ed informazione dell’esistenza di telecamere come previsto dalla normativa di settore. Non solo: l’assenza dei cartelli, quantomeno in prossimità dei luoghi di ripresa in cui era stata installata la video trappola, era documentata dai video esibiti proprio dal presunto trasgressore.

In definitiva, le riprese, effettuate in violazione del Codice della Privacy e degli artt. 13 e 14 Reg. U.E. 2016/679, hanno comportato l’illegittimità della sanzione irrogata.

Conseguentemente, il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 750 pubblicata il 7 marzo 2025, ha accolto l’opposizione e, per l’effetto, ha annullato l’ordinanza ingiunzione condannando il comune al pagamento delle spese legali.

Conclusione

La pronuncia conferma che la riservatezza dei dati è un diritto fondamentale che deve essere sempre rispettato.

Nella gestione dei dati personali vanno adottate procedure chiare, trasparenti e rispettose del quadro normativo esistente in materia. Diversamente, i cittadini avranno un ulteriore strumento concreto per tutelarsi in giudizio quando ritengono violato il proprio diritto alla riservatezza. La Pubblica Amministrazione è avvisata.

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