Locazione: è valido il divieto di detenere animali da compagnia?

Locazione: è valido il divieto di detenere animali da compagnia?

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La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 1254/2025, affronta il tema della validità della clausola contrattuale di divieto di detenere animali in un contratto di locazione ad uso abitativo. Confermando la legittimità di tale pattuizione in assenza di profili di vessatorietà, la Corte rigetta tuttavia la risoluzione del contratto richiesta dal locatore per inadempimento, ritenendo che la violazione dell’obbligo (accessorio) non sia di gravità tale da giustificare la cessazione del rapporto.

Il provvedimento costituisce un significativo contributo in materia di autonomia contrattuale e di valutazione della gravità dell’inadempimento nel contesto locatizio.

Il caso: animali in casa, clausole contrattuali e odori molesti

Nel 2021, i proprietari di un appartamento citavano in giudizio la conduttrice per aver violato il contratto di locazione che, all’art. 7, vietava espressamente la detenzione di animali. Secondo gli attori, la conduttrice deteneva presso l’abitazione, sita al piano rialzato, cani anche di grossa taglia e, in violazione delle più elementari norme igienico sanitarie, consentiva che le deiezioni canine espletate sul balcone venissero riversate negli spazi condominiali, causando disagio agli altri condomini dei piani superiori, costretti a subire il diffondersi di odori nauseabondi.

Il Tribunale di primo grado, ritenendo provato l’inadempimento, dichiarava la risoluzione del contratto e ordinava il rilascio dell’immobile.

L’inquilina fa appello

La conduttrice proponeva appello, contestando la valutazione della gravità dell’inadempimento e sostenendo che la presenza degli animali era tollerata fin dall’inizio del rapporto. Gli appellati proponevano appello incidentale per far dichiarare non vessatoria la clausola di divieto.

La decisione della Corte: clausola valida, risoluzione esclusa

La Corte d’Appello, richiamando ampia giurisprudenza sul criterio di valutazione dell’inadempimento ai sensi dell’art. 1455 c.c. e ribadendo che occorre tenere conto sia dell’impatto sull’equilibrio del sinallagma, sia del comportamento concreto delle parti, ha confermato la piena validità della clausola di divieto di detenere animali, escludendone la natura vessatoria ex art. 1341 c.c., valorizzando la libertà negoziale ex art. 1322 c.c.

In particolare, ha osservato la Corte, che

la clausola non può reputarsi vessatoria, posto che, in disparte da ogni considerazione sulla dimostrazione dell’effettiva unilaterale predisposizione, da parte di uno dei contraenti, del testo contrattuale, la previsione dell’obbligo di non detenere animali non può essere ricondotta, neppure quale specie di un più ampio genus, alle ipotesi generali disciplinate dall’art. 1341, secondo comma, c.c. (“in ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria”).

La Corte ha anche ricordato che, sebbene l’art. 1138, ultimo comma, c.c., stabilisca che “le norme del regolamento condominiale non possono vietare di possedere o detenere animali da compagnia”, la Suprema Corte di Cassazione aveva già ante novella precisato che, sebbene il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti a essi individualmente in esclusiva (Cass. civ., Sez. II, 15/02/2011, n. 3705), tali divieti possono assumere natura contrattuale, in quanto contenute in clausole, approvate e modificate con il consenso unanime dei comproprietari, dovendo necessariamente rinvenirsi nella volontà dei singoli la fonte giustificatrice di atti dispositivi incidenti nella loro sfera giuridica (3705/2011, ult. cit.).

Conseguentemente, secondo il giudice di secondo grado, in applicazione del principio codificato nell’art. 1322 cc, che sancisce la libertà di determinazione del contenuto dei contratti, la previsione in esame non sconta alcuna nullità ex art. 1418 c.c.

Non di meno, la Corte ha, tuttavia, rigettato la domanda di risoluzione: l’inadempimento è qualificato come non grave, essendo riferito a un obbligo accessorio e per di più tollerato nel tempo dal locatore.

In particolare, secondo la Corte, la violazione non riguardava prestazioni essenziali del contratto, posto che l’obbligo di non detenere animali era contenuto nell’art. 7, unitamente a quelli di stendere il bucato negli appositi spazi riservati e di osservare quiete e rispetto per gli altri abitanti dello stabile.

Inoltre, non era stata contestata la circostanza che la conduttrice detenesse già un cane al momento in cui la locazione aveva avuto inizio.

Si trattava, dunque, di mera obbligazione accessoria.

Equilibrio tra autonomia contrattuale e principio di proporzionalità

Il provvedimento assume rilievo in quanto:

  1. Ribadisce la piena legittimità delle clausole di divieto di animali, quando pattuite consensualmente tra le parti, fuori dallo schema delle clausole vessatorie.
  2. Sottolinea la necessità di un’effettiva incidenza sull’equilibrio contrattuale per dichiarare la risoluzione per inadempimento, respingendo logiche punitive o formalistiche.

Un’importante conferma del fatto che, in ambito locatizio, non ogni violazione comporta automaticamente la caducazione del rapporto contrattuale, soprattutto se le parti hanno tenuto condotte tolleranti o ambigue.

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LUCIO DI BIASE

AVVOCATO

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Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Lanciano, negli ultimi venti l’Avv. Lucio Di Biase anni ha aiutato privati, professionisti, imprese, cooperative ed enti pubblici a risolvere i loro problemi legali prestando attività di consulenza e assistenza nelle principali aree del diritto civile e nel relativo contenzioso su tutto il territorio nazionale.
Dal 17/02/2014 all’11/03/2021 è stato consulente e legale esterno dell’ Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER) di Lanciano (CH) per il recupero dei crediti nei confronti degli assegnatari di alloggi di ERP a titolo di canoni di locazione degli immobili strumentali di proprietà dell’Ente e per il rilascio forzoso dei medesimi.

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