Il danno da perdita di chance di sopravvivenza per errata terapia farmacologica

Il danno da perdita di chance di sopravvivenza per errata terapia farmacologica

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Accusando dolore addominale e vomito fecale a seguito dell’accidentale ingestione di un nocciolo di susina, un signore si recava al Pronto Soccorso.

A seguito di TC dell’addome gli veniva diagnosticata una occlusione intestinale da corpo estraneo che necessitava del ricovero di urgenza presso il reparto di Chirurgia.

Il paziente veniva sottoposto ad intervento chirurgico dopo 11 giorni e nei successivi due giorni veniva ricoverato in rianimazione per il monitoraggio post operatorio, per essere poi trasferito al reparto di Chirurgia in buone condizioni generali.

Tuttavia, dopo due giorni, gli infermieri rilevavano la presenza di pus nella sede della ferita chirurgica e, dopo ancora qualche giorno, fuoruscita di materiale citrino.

Il quadro generale subiva un peggioramento e dopo sette giorni, visto il referto di una TC dell’addome e date le condizioni generali del paziente, veniva eseguito un intervento chirurgico urgente di revisione di ferita, cui seguivano il ricovero in rianimazione e, in seguito ad un rapido peggioramento, il decesso.

Moglie e figlia del defunto agivano, quindi, in giudizio avanti al Tribunale di Pisa per sentire condannare la Azienda Ospedaliera Universitaria al risarcimento dei danni subiti da loro e dal loro stesso congiunto per responsabilità medica a seguito del decesso o, quantomeno (in via subordinata), per responsabilità per perdita di chance di sopravvivenza.

In corso di causa, i consulenti tecnici d’ufficio hanno ripercorso l’excursus del paziente che aveva accusato dolori addominali e vomito fecaloide nelle due settimane precedenti il ricovero, in quanto l’occlusione aveva sensibilmente compromesso da circa un mese l’alimentazione con andamento ingravescente della situazione.

Il collegio peritale, partendo dalla condizione clinica del paziente (che presentava un quadro di insufficienza respiratoria per esiti di poliomielite e, soprattutto, circa vent’anni prima era stato sottoposto a trattamento chirurgico radicale di neoplasia rettale), concludeva per la congruità della sua gestione clinica dal ricovero fino alle prime fasi del post-operatorio e, per il decorso successivo (salvo un mancato controllo dal personale medico della presenza di pus della ferita), per il corretto monitoraggio delle problematiche segnalate a carico della ferita chirurgica.

I periti escludevano, pertanto, che la causa del decesso fosse da ricondurre all’operato dei sanitari, in quanto, in considerazione dell’importanza del quadro clinico già in atto, non apparivano causalmente rilevanti nella perdita del bene vita del paziente che (anche a fronte di una più adeguata impostazione terapeutica ovvero della somministrazione di cure adeguate) non avrebbe potuto evitare l’exitus.

Il suo quadro clinico originario, già gravemente compromesso dalle varie comorbidità di cui soffriva da molto tempo, era tale che lo stesso, anche a seguito dell’episodio che ne aveva causata da ultimo il ricovero, sarebbe comunque andato incontro all’aggravamento delle proprie già precarie condizioni di salute e al conseguente decesso. Aggravamento e decesso, quindi, erano dovuti non alla condotta dei sanitari, ma alle patologie già in corso.

Non potendo configurarsi alcuna responsabilità a carico dei medici e sanitari per il decesso, la domanda di risarcimento del danno veniva respinta.

Non di meno, gli ausiliari del giudice concludevano che un più attento controllo sotto il profilo microbiologico dei batteri che sostenevano l’infezione della ferita chirurgica avrebbe, potenzialmente, permesso la prescrizione di un’antibioticoterapia mirata più efficace nel controllo del processo settico, aumentando conseguentemente le chances di sopravvivenza del paziente.

Chances che, volendosi esprimere in termini percentuali, per il collegio peritale potevano essere orientativamente stimate nell’ordine del 25-35%.

Conseguentemente, il Tribunale Ordinario di Pisa, con sentenza n. 1025 del 09/08/2024, ha liquidato per l’importo di € 38.922,30 il danno da perdita di chance di sopravvivenza come danno subito dal paziente e trasmesso iure successionis al coniuge, quale erede.

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LUCIO DI BIASE

AVVOCATO

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Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Lanciano, negli ultimi venti anni l’Avv. Lucio Di Biase ha aiutato privati, professionisti, imprese, cooperative ed enti pubblici a risolvere i più comuni problemi legali, prestando attività di consulenza e assistenza nelle principali aree del diritto civile e nel relativo contenzioso, su tutto il territorio nazionale.
Dal 2014 al 2021 è stato consulente e legale esterno dell’ Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER) di Lanciano (CH) per il recupero dei crediti nei confronti degli assegnatari di alloggi di ERP a titolo di canoni di locazione degli immobili strumentali di proprietà dell’Ente e per il rilascio forzoso dei medesimi.
E’ autore di articoli di approfondimento giuridico pubblicati sul sito dello Studio, con particolare attenzione ai temi della privacy, dell’intelligenza artificiale e dell’evoluzione normativa.

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