La responsabilità del dentista per trattamento ortodontico incompleto

Avvocato Lucio Di Biase

Una madre si rivolgeva ad uno studio dentistico perché somministrasse cure ortodontistiche al proprio figlio minore attraverso la collocazione di un impianto di apparecchio dentale fisso.
Lo studio, predisposto un preventivo di euro 2.700,00 che veniva accettato dalla madre, avviava il trattamento.
Il paziente veniva accompagnato presso lo studio a partire dal mese di febbraio 2020
L’odontoiatra svolgeva le prime sedute affiancata da un ortodontista, ma, nel susseguirsi delle stesse, veniva riscontrata sempre più spesso la sua assenza o quella dell’ortodonzista.
Le assenze, peraltro, venivano comunicate solo al momento in cui il paziente si recava presso lo studio, che, comunque, pretendeva il versamento di una cifra pari a € 100,00 anche quando la seduta andava deserta.
Il minore frequentava lo studio dell’odontoiatra sino al mese di novembre 2021, versando acconti documentati per € 1.930,00.
La madre lamentava, quindi, che la situazione del minore era peggiorata a causa della grave incuria medica da parte della professionista, anche considerando che l’apparecchio impiantato avrebbe necessitato di interventi nel corso del tempo, oltre che di una radicale revisione che non fu mai effettuata.
Il genitore, pertanto, citava in giudizio la dentista affinché, accertato l’inadempimento professionale in ordine alle prestazioni mediche dentistiche oggetto di pattuizione contrattuale, quest’ultima venisse condannata al risarcimento dei danni.
Il tribunale adito ha ricordato che quella dell’odontoiatra, pur trattandosi di una professione connotata da particolare autonomia, in quanto disciplinata dalla legge n. 409/1985, rientra nell’alveo delle professioni sanitarie. Al dentista, dunque, si applica la disciplina della responsabilità medica, giacché l’odontoiatra è un medico a tutti gli effetti.
Tuttavia, ha precisato che la giurisprudenza ha individuato delle differenze che connotano il contratto concluso con un medico dentista rispetto agli altri contratti di prestazione d’opera intellettuale e, in particolare, che nel contratto del caso di specie, la prestazione assunta dal professionista, essendosi quest’ultimo impegnato a compiere un’opera, non è un’obbligazione di mezzi, ma un’obbligazione di risultato, perché l’obbligo assunto non comprendeva solo lo svolgimento di un’attività lavorativa, ma anche la produzione del risultato utile promesso, sicché essa non poteva ritenersi adempiuta se il prestatore d’opera non aveva raggiunto il risultato pattuito.
Del resto, al professionista spettava di dimostrare di aver svolto la propria prestazione con diligenza (“qualificata”, ex art.1176 c.2, c.c.). Prova mancante, visto che aveva omesso di partecipare al giudizio.
Da parte sua, invece, la madre del minore aveva fornito la prova del rapporto contrattuale istauratosi (benché oralmente) con il professionista, attraverso le ricevute di pagamento degli acconti versati nel corso delle sedute dal mese febbraio 2020 a quello di settembre 2021, nonché attraverso le fatture emesse.
Inoltre, la consulenza tecnica d’ufficio espletata nel corso del processo aveva evidenziato che il trattamento a cui era stato sottoposto il minore si era limitato ad una incompleta ortodonzia fissa dell’arcata superiore con posizionamento parziale dei brackets e ad un’ortodonzia inesistente nell’arcata inferiore; inoltre, era stata praticata un’incisione in arcata inferiore non solo non a regola d’arte, ma anche non supportata da criteri e basi scientifiche idonee alla realizzazione della disinclusione degli elementi dentari 3.5 e 4.5 e, quindi, senza il raggiungimento dell’obiettivo prefissato, procurando inutili sofferenze al minore.
Il consulente, pertanto, concludeva che la prestazione sanitaria posta in essere rappresentava un tipico caso di responsabilità medica colposa in quanto non eseguita a regola d’arte, in assenza di elementi di complessità/difficoltà/anomalie del quadro clinico.
La terapia ortodontica effettuata non aveva portato miglioramenti funzionali, masticatori ed estetici, a causa dell’inesattezza e dell’incompletezza del trattamento soprattutto dell’arcata inferiore (non essendo stata utilizzata la corretta tecnica per l’estrusione degli elementi 3.5 e 4.5 i quali dovevano essere riposizionati in arcata dopo ancoraggio completo con i brackets di tutti gli elementi presenti in arcata inferiore e successiva trazione con
applicazione di bottone a livello coronale).
Il Tribunale di Trapani, pertanto, condividendo le conclusioni del CTU, ha attribuito alla condotta del sanitario una connotazione di negligenza e imperizia nello svolgimento dell’incarico professionale certamente idonea a cagionare il danno lamentato.
Conseguentemente, con sentenza n. 404 del 07.06.2024, ha dichiarato responsabile il professionista dei danni causati al minore per responsabilità medica colposa relativa alla prestazione sanitaria non eseguita a regola d’arte e lo ha condannato al pagamento della complessiva somma di €.3.560,00, oltre interessi legali, spese di CTU e spese di lite.

Avvocato Lucio Di Biase

Lucio Di Biase

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Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Lanciano, negli ultimi venti anni l’Avv. Lucio Di Biase ha aiutato privati, professionisti, imprese, cooperative ed enti pubblici a risolvere i più comuni problemi legali, prestando attività di consulenza e assistenza nelle principali aree del diritto civile e nel relativo contenzioso, su tutto il territorio nazionale.
Dal 2014 al 2021 è stato consulente e legale esterno dell’ Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (ATER) di Lanciano (CH) per il recupero dei crediti nei confronti degli assegnatari di alloggi di ERP a titolo di canoni di locazione degli immobili strumentali di proprietà dell’Ente e per il rilascio forzoso dei medesimi.
E’ autore di articoli di approfondimento giuridico pubblicati sul sito dello Studio, con particolare attenzione ai temi della privacy, dell’intelligenza artificiale e dell’evoluzione normativa.



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