Addio alla parola “fallimento”
È stata approvata il 1° febbraio 2017 dalla Camera dei Deputati la legge che delega al Governo la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza (Camera dei Deputati, disegno n. A.C. 3671-bis).
La riforma, consegnando alla storia la parola “fallimento”, ne prevede la sostituzione con espressioni equivalenti (meno, evidentemente, stigmatizzanti) quali “ insolvenza” o “liquidazione giudiziale” ed il conseguente adeguamento, dal punto di vista lessicale, delle relative disposizioni penali.
Un modello processuale unico
La riforma è animata poi dall’obiettivo di introdurre un modello processuale unico per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza, caratterizzato da particolare celerità, anche in fase di impugnativa.
L’estensione del fallimento (rectius “insolvenza”) ai professionisti
La nuova disciplina dovrà prevedere che sia assoggettata alla procedura di accertamento dello stato di crisi o di insolvenza ogni categoria di debitore, compreso il professionista.
L’allerta preventiva
Per prevenire in tempo la crisi di un’azienda evitando, prima che la situazione sia compromessa, il rischio di default, la riforma introduce una fase preventiva e stragiudiziale di “allerta”, finalizzata ad attivare tempestivamente le procedure per la risoluzione assistita della crisi e contribuire a rilanciare effettivamente l’impresa sul mercato.
Il tutto con il riconoscimento di benefici premiali per l’imprenditore che ricorre tempestivamente alla procedura e ne favorisce l’esito positivo, ovvero misure sanzionatorie per l’imprenditore che ingiustificatamente la ostacoli o non vi ricorra, pur in presenza dei relativi presupposti.
Il testo, che prevede anche di eliminare la dichiarazione di fallimento d’ufficio, dopo l’approvazione del Senato passerà al Governo per la definitiva stesura del decreto legislativo.


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