A norma dell’art. 5 del D.Lgs. 28/2010, chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di locazione è tenuto ad esperire preliminarmente, pena l’improcedibilità della domanda, l’attività di mediazione di cui all’art. 1.
La disposizione non si applica nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto fino al mutamento del rito di cui all’articolo 667 del codice di procedura civile (art. 5, comma 4, lettera b).
Di conseguenza, in caso di opposizione dell’intimato, il Giudice, nel disporre il mutamento del rito da ordinario a speciale, assegnarà alle parti termine di quindici giorni per iniziare il procedimento di mediazione.
Natura del termine per l’avvio del procedimento
Il termine assegnato dal giudice per la mediazione è perentorio con la conseguenza che il suo mancato rispetto rende improcedibile la domanda giudiziale.
“L’invio delle parti in mediazione (c.d. mediazione delegata o disposta dal giudice) costituisce potere discrezionale dell’ufficio che può essere esercitato “valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione ed il comportamento delle parti” sempreché non sia stata tenuta l’udienza di precisazione delle conclusioni. Ove la mediazione venga disposta, il suo esperimento “è condizione di procedibilità della domanda giudiziale” (art. 5, II co. D.Lgs. citato).
Ne segue che il mancato esperimento della mediazione vizia irrimediabilmente il processo, impedendo l’emanazione di sentenza di merito.”Tribunale, Firenze, sez. III civile, sentenza 09/06/2015
“…va dichiarata l’improcedibilità, ex art. 5, D.Lgs. 28/2010, come novellato dal DL 69/2013, convertito in legge 98/2013) della proposta domanda attorea non avendo parte attrice ottemperato all’ordine, contenuto nell’ordinanza del 18.06.2014, ex art. 5, comma 4, lett. b), D.Lgs. cit..
Ed infatti, avendo il procedimento avuto origine da un atto di citazione ex art. 658 cod. proc. civ., trova applicazione il dettato di cui al richiamato art. 5, commi 1 e 4, lett. b), D.Lgs. 28/2010, per cui “chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di…locazione…è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.”Tribunale Ordinario di Napoli, Sentenza 03.6.2015
Benché la norma non attribuisca carattere perentorio al termine, secondo la giurisprudenza di legittimità “il carattere della perentorietà del termine può desumersi, anche in via interpretativa, tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato (in questo senso Cass. n. 14624/00, 4530/04).… La implicita natura perentoria di tale termine si evince dalla stessa gravità della sanzione prevista, l’improcedibilità della domanda giudiziale, che comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico”.
Considerato, poi, che il termine può essere prorogato prima della sua scadenza, deve condividersi il parere del citato Tribunale fiorentino secondo il quale “anche a ritenere di natura ordinatoria e non perentoria il termine di 15 gg per l’avvio della mediazione, la mancata proposizione di tempestiva istanza di proroga comporta inevitabilmente secondo la prevalente giurisprudenza, che si condivide, la decadenza dalla relativa facoltà processuale (così, in materia di conseguenze del mancato rispetto di termini ordinatori processuali, non prorogati, cfr, di recente, Cass. N. 589/2015, n. 4448/13, e con pronunce più risalenti, Cass. n. 4877/05; 1064/05; 3340/97).”.
Inapplicabilità de meccanismo di sanatoria previsto in caso di mancato esperimento della mediazione obbligatoria ante causam.
Non può neppure applicarsi in via analogica alla tardiva proposizione della mediazione disposta dal giudice il meccanismo della sanatoria di cui all’art. 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010, che impone al magistrato, in caso di mancata attivazione della mediazione obbligatoria (ove cioè la stessa è condizione di procedibilità della domanda giudiziale) di assegnare alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della relativa domanda, considerata la natura speciale della relativa disciplina, nonché l’espressa sanzione di improcedibilità prevista in caso di inottemperanza:
“non appare ragionevole ammettere che, in caso di mancato esperimento e/o esperimento tardivo della mediazione disposta dal giudice, sia consentito alle medesime di sanare la propria inerzia mediante la concessione di nuovo apposito termine” (anche considerando che con la previsione della sanatoria prevista in caso di violazione dell’obbligatorio esperimento della mediazione ante causam il legislatore ha voluto “evitare l’applicazione della grave sanzione dell’improcedibilità per omissione che poteva essere frutto di mancata conoscenza dell’obbligo normativo”).
Tribunale, Firenze, sez. III civile, sentenza 09/06/2015
Non è praticabile, per converso, l’alternativa soluzione di assegnare alle parti un nuovo termine per la reiterazione della procedura di mediazione, essendo questa già stata definita. La norma dell’art. 5, comma 1-bis, D. Lgs. n. 28/10, che impone al giudice l’obbligo di assegnare alle parti il termine per la presentazione della domanda di mediazione e di fissare la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’art. 6, si applica soltanto al caso in cui la mediazione è già iniziata ma non si è ancora conclusa e al caso in cui essa non è stata affatto esperita, ma non anche alla diversa ipotesi (come quella in esame) in cui la mediazione è stata tempestivamente introdotta e definita, ma in violazione delle prescrizioni che regolano il suo corretto espletamento.”.
Tribunale di Vasto, sentenza del 09.03.2015, Giud. Dott. Fabrizio Pasquale.
Competenza territoriale dell’organismo di mediazione
La domanda di mediazione è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia (art. 4, comma 1, D.lgs 28/2010).
Ne discende che, se il procedimento di mediazione viene avviato presso un organismo territorialmente incompetente, l’attivazione non produce effetti; di conseguenza, mancando l’esperimento della mediazione, la domanda giudiziale va dichiarata improcedibile.
“Ora, anche per le mediazioni attivate su disposizione del Giudice, è vincolante la previsione di cui al novellato art. 1 comma 3 D.Lgs. 28/2010: la domanda di mediazione va presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. Ovviamente, trattandosi di norme legate alla meta competenza territoriale, è chiaro che le parti – se tutte d’accordo – possono porvi deroga rivolgendosi, con domanda congiunta, ad altro organismo scelto di comune accordo. Nel caso di specie tale accordo non vi è stato, la domanda di mediazione è stata presentata unilateralmente dinanzi ad un organismo che non aveva competenza territoriale, il che significa che non ha prodotto effetti (v. sui punto Tribunale Milano, sez. IX. 29/10/2013).”
Tribunale di Napoli Nord, sentenza n. 325 del 14 marzo 2016
Comparizione personale dell’intimante
All’incontro di mediazione la parte deve comparire personalmente.
Si fa sempre più strada infatti, l’orientamento secondo il quale “L’ordine del giudice è da ritenersi osservato soltanto in caso di presenza della parte (o di un di lei delegato), accompagnata dal difensore e non anche in caso di comparsa del solo difensore, anche quale delegato della parte dal momento che l’attività che porta all’accordo conciliativo ha natura personalissima e non è delegabile”.
Alla luce del su esteso principio, con sentenza del 16 marzo 2016, il Giudice di Pace di Nocera Inferiore ha dichiarato l’improcedibilità della domanda giudiziale stante l’assenza ingiustificata di parte attrice alla mediazione disposta d’ufficio ex art. 5 secondo comma D.Lgs 28/2010.
La sentenza prende le mosse da una precedente ed analoga decisione del Tribunale di Vasto che così aveva statuito:
“Nel caso in esame, nella procedura di mediazione demandata dal giudice non sono comparse personalmente né la parte attrice, né la parte convenuta, mentre in loro rappresentanza sono intervenuti soltanto i difensori, i quali non hanno, peraltro, esposto al mediatore alcun giustificato motivo dell’assenza dei rispettivi assistiti. Il mediatore ha dichiarato chiuso il procedimento, senza dare atto a verbale delle ragioni della assenza delle parti e delle eventuali iniziative adottate al fine di procurare la comparizione personale delle stesse. La procedura non si è, pertanto, svolta correttamente, in particolar modo a causa della ingiustificata assenza della parte che ha presentato (su disposizione del giudice) la domanda di mediazione, vale a dire del legale rappresentante della società attrice La Nuova O.C.M. s.n.c., che aveva interessecontrario alla declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale.
Tribunale di Vasto, sentenza del 09.03.2015, Giud. Dott. Fabrizio Pasquale.
L’avvio del procedimento di mediazione è onere dell’intimante.
Apparentemente, la risposta potrebbe nascondersi dietro la circostanza che sia stata emessa o meno l’ordinanza provvisoria di rilascio ai sensi dell’art. 665 c.p.c..
Stante l’ultrattività del provvedimento in caso di declaratoria d’improcedibilità, secondo il principio pacifico in giurisprudenza che l’estinzione del giudizio di merito successivamente al mutamento di rito disposto ai sensi dell’art. 667 c.p.c. non determina il venir meno dell’efficacia dell’ordinanza provvisoria di rilascio (così Cass. 14 febbraio 1997, n. 1382, in Foro it., 1998, I, 163; Cass. 19 luglio 1996, n. 6522, in Arch. locaz., 2003, 700; Cass. 29 marzo 1995, n. 3730, in Giur. it., 1997, I, 1, 138), si è portati a credere che solo in difetto dell’ordinanza sia il locatore/intimante a dover farsi carico della proposizione della domanda di mediazione per evitare l’estinzione e non ottenere la pronuncia sul rilascio.
Tuttavia, a ben riflettere, la declaratoria di improcedibilità comporta con sé inevitabilmente un’altra pronuncia. A norma dell’art. 81, comma 1°, c.p.c., “Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa.”.
Di conseguenza, con la sentenza che dichiara l’improcedibilità il Giudice sarà tenuto a regolare le spese di lite e, facendo sapiente applicazione del principio della soccombenza, procederà senz’altro a condannare l’intimante. Questi, infatti, è chi ha promosso con l’azione di risoluzione del contratto il giudizio prematuramente terminato.
Non di meno, posto che in caso di soccombenza reciproca il giudice può compensare le spese tra le parti (art. 92, comma 2°, c.p.c.), è lecito aspettarsi che il Giudicante compensi le compensi ove l’intimato abbia proposto domanda riconvenzionale (omettendo, al pari del’intimante, di coltivare la propria domanda).
“L’eccezione è fondata atteso che non risulta espletata la predetta procedura il cui onere grava sulla parte che ha interesse alla prosecuzione del giudizio (nella specie l’intimante non avendo parte resistente azionato alcuna domanda riconvenzionale). Alla luce di quanto precede, pertanto, la domanda va dichiarata improcedibile. 2. Sulle spese di lite. In considerazione della soccombenza di parte ricorrente, le spese di lite vengono poste a suo carico.”
Tribunale Ordinario di Napoli, Sentenza 03.6.2015
“Se, quindi, è vero che, in generale, il termine per la mediazione viene per legge assegnato ad entrambe le parti, è altrettanto evidente che in assenza di domande riconvenzionali la parte evocata in giudizio può non avere alcun interesse alla procedibilità dell’azione, sicché non sussistono le gravi ed eccezionali ragioni richieste dalla legge per la compensazione.”
Trib. Mantova, sent. del 20.01.2015.
“Poiché è pacifico che le parti non hanno attivato la procedura di mediazione, va dichiarata l’improcedibilità delle domande proposte dalle medesime nel presente giudizio, con compensazione delle spese di lite ex art. 92 c.p.c., dipendendo l’improcedibilità dalla condotta omissiva di entrambe le parti.”
Tribunale di Pescara, sentenza del 7 ottobre 2014 (Giud. Dott. Carmine Di Fulvio).
In senso contrario, tuttavia, si segnala una pronuncia emessa in un caso in cui, resa l’ordinanza provvisoria di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto, sul rilievo di “una certa quale analogia con il caso di opposizione a decreto ingiuntivo”, è stato ritenuto che sia l’intimato “ad essere significativamente onerato della instaurazione del procedimento di mediazione obbligatoria (una volta che il termine sia stato assegnato dal giudice) al fine di evitare che l’ordinanza di rilascio si stabilizzi.”.
Sull’intimato resterebbe, a parere del Giudicante, l’effetto della scelta di non coltivare la propria opposizione e con essa le proprie eccezioni finalizzate a paralizzare la domanda di condanna al rilascio del locatore. Di conseguenza, la condizione di procedibilità della domanda di cui al decreto legislativo 28/2010 andrebbe correttamente riferita alla domanda di accertamento negativo del diritto al rilascio proposta dall’intimato-opponente (anziché a quella di risoluzione dell’intimante), con la seguente conseguenza:
“Secondo il principio della soccombenza, le spese del presente giudizio vanno poste in solido a carico dei convenuti. Ed infatti il locatore, stante la stabilizzazione dell’ordinanza provvisoria di rilascio (cui non si salda una sentenza di segno decisorio opposto), risulta vittorioso avuto riguardo alla propria domanda di condanna al rilascio dell’immobile (stante l’intervenuta risoluzione del contratto di locazione per inadempimento dei conduttori).”
Tribunale di Bologna, Seconda Sezione Civile, sentenza n. 21324 del 17.11.2015


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